Sgombriamo subito il campo dicendo che stiamo parlando dell'unica Chiesa di Cristo. Non ci sono differenti chiese nell'alveo cattolico. Certamente i diversi tempi storici che la Sposa di Cristo ha dovuto affrontare e superare hanno evidenziato come contingenze di natura eterogenea hanno influito, a volte in modo più importante, nel percorso che Cristo stesso aveva tracciato: la proclamazione del Vangelo, il nutrimento dei fedeli attraverso i Sacramenti, l'insegnamento della sana dottrina, una retta interpretazione delle Scritture, il dovere primario della "salus animarum" come necessità ontologica.
Vi sono stati diversi processi che hanno portato la Chiesa cattolica alla condizione in cui oggi versa, principalmente sotto l'aspetto pastorale, ricordando le tante volte in cui il Pontefice Papa Francesco l'ha paragonata ad un "ospedale da campo" dopo una battaglia, possiamo dire a ragion veduta che in questo ospedale da campo la stessa Chiesa versa in gravi condizioni ed è in continuo peggioramento.
Ignorare questa reale condizione o fingere che vada tutto bene denota una grave cecità, non soltanto spirituale.
Sono tanti coloro che, in diversi modi e a differenti livelli, ravvisano nell'attuale Pontefice una delle cause primarie di questo aggravamento. In questo breve excursus cercheremo di essere precisi ed obbiettivi illustrando come questa situazione sia precipitata sempre più a partire dal post-concilio fino ad oggi. Obbiettivamente tanto è stato fatto da Papa Francesco, che indipendentemente da una precisa volontà o meno, ha messo la Chiesa e tutto il suo popolo in un difficilissima situazione. Ma cerchiamo di capire come il "paradigma Bergoglio" abbia prevalso anche lì dove avrebbe potuto trovare delle resistenze e perché viene da lontano.
Come tutti sapranno Papa Francesco fa parte di quella grande famiglia religiosa che sono i gesuiti.

Accadde però che non essendo riusciti a sradicare il protestantesimo, dopo quattro secoli e mezzo, pensarono di cambiare strategia e decisero di assimilarlo dando vita ad un processo d'integrazione. Tra i principali innovatori in tal senso vi è certamente il gesuita Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) che reputò necessaria la modifica della stessa identità della Chiesa cattolica e della Sua dottrina.
Le sue opere come “La scienza e Cristo”, “Il fenomeno umano” e “L’ambiente divino” vennero condannate dal Sant’Uffizio, il 30 giugno 1962, con un “Monitum”, perché “racchiudono tali ambiguità ed errori, anche gravi, che offendono la dottrina cattolica”. La gravità delle sue affermazioni fu attestata anche dall'allora card. Ratzinger nel libro "Principles of Chatolic Theology” (“Princìpi di Teologia Cattolica”, Ignatius Press, San Francisco, 1987).
Purtroppo i pensieri anticattolici di questo gesuita, che operò anche come paleontologo cercando di dimostrare e coniugare con il cattolicesimo la teoria dell'Evoluzione della specie, penetrarono anche il Concilio Vaticano II. Nella "Gaudium et Spes", possiamo trovare tutto il sapore teilhardiano. Il suo stesso ordine religioso La Compagnia di Gesù lo aveva sospeso dall’insegnamento delle materie di carattere filosofico-teologico e gli aveva proibito di pubblicare più nulla su quelle tematiche. Ma la "rivoluzione modernista" stava permeando non pochi teologi, autori e parecchia Gerarchia ecclesiastica.


L’ex Sant’Uffizio esortò gli ordinari e i superiori di istituti religiosi, i rettori dei seminari e delle università a tutelare le anime dai rischi nascosti nelle trame dei suoi scritti, a partire dal concetto di creazione, che contemplava la teologia del “Cristo cosmico” e della noosfera, intesa come “coscienza collettiva”. La manovra messa in atto dai Gesuiti, alla fine degli anni Cinquanta, fu la sostituzione degli “assolutismi” del cattolicesimo, per giungere a un’osmosi etico-morale di natura ecumenica con il protestantesimo.
Nel 1850 la Compagnia di Gesù fondò la rivista “La Civiltà Cattolica”. Nei primi decenni del nuovo secolo cambiò paradigma, prendendo una deriva antitetica alle battaglie che aveva affrontato. Si esternarono così le tesi eretiche del gesuita tedesco Karl Rahner (perito del cardinale Franz König durante il Vaticano II), imposto e studiato nei seminari e divenuto protagonista della svolta conciliare. Egli osò dire: “Nostro Signore deve conformarsi al mondo, non quest’ultimo a Lui!”. Il suo “cristianesimo anonimo” decretò che “chiunque segue la propria coscienza, cristiano o non cristiano, ateo o credente, ebbene tale persona è accettata da Dio e può conseguire quella vita eterna che nella nostra fede cristiano-cattolica noi confessiamo come fine di tutti gli uomini”.

L’umanità è destinata a ricevere, a suo tempo, per mezzo della Grazia, la divinizzazione promessa, ma il gesuitismo sottrae all’uomo l’esperienza fondamentale della Croce, abolendo la conversione al Cristo Crocifisso, morto e risorto. Il povero viene usato per “divinizzare” l’uomo, senza pensare che anche il povero, come disse Madre Teresa di Calcutta, deve convertirsi a Cristo. La pastorale, com’è d’uso nel gesuitismo, sostituisce la dottrina e chi non accetta questo “dogma” pecca contro la misericordia.
Questa teologia è parte integrante del modernismo, già definito “sintesi di tutte le eresie” da San Pio X nell’Enciclica del 1907 Pascendi Dominici grecis; il quale a proposito dei Gesuiti affermerà: “Non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici più dannosi della Chiesa”. Il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita, dichiarò che “la Chiesa è in ritardo di almeno 300 anni”. In ritardo rispetto a cosa? Alla modernità! Fu un appello a evitare le dispute dottrinali per collaborare soprattutto all’incontro ecumenista. “Grazie” all’invito, i protestanti furono fatti entrare, come “cavalli di Troia”, in qualità di periti dentro il Concilio Vaticano II e integrati in seno al cattolicesimo, il quale non potrà che essere contaminato dai loro “adattamenti teologici”.
Ci si concentrò sull’appagamento di una presunta unità insieme ai presenti (cattolici, pentecostali protestanti e non cristiani) sulla base di singole emozioni, facendo credere di adorare una stessa “energia divina”. Il Dio tutt’Uno del De Chardin panteista divenne “un sogno” possibile, e anche il sogno di una umanità “fusa in Dio” (ovviamente non cattolico).
E Gesù Cristo si trasformò in un maestro universale, nato dalla “Nuova Èra” grazie alla spinta spiritualistica dei movimenti carismatici. Non fu più il “capo del Corpo, cioè della Chiesa” (Colossesi 1:18). Il gesuita indiano Anthony de Mello (1931-87), scomunicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, definì Dio “puro vuoto”, e Gesù Cristo non “figlio di Dio” ma “colui che ha insegnato che tutti gli uomini sono figli di Dio”.
Affermò, in un mix di cristianesimo e tradizioni orientali, che “la mente ha un potere che trasforma i desideri in realtà”. Anthony de Mello è morto, ma i suoi insegnamenti sono entrati nella nuova tradizione degli esercizi del gesuitismo.
Ricorrere ai sogni, ai desideri, per renderli una realtà indipendentemente dal sogno o dal desiderio, è tipico del “magistero” gesuitico. Speculazione che si ritrova nella New Age, movimento condannato dalla Chiesa per le sue tesi incompatibili e opposte al cristianesimo, della quale comunque il “pio” gesuita De Chardin fu uno dei principali ispiratori. Il pastore protestante Rick Warren, studente dei centri di formazione dei Gesuiti, scrisse: “La Chiesa (somma di tutte le comunità cristiane cattoliche e non) è più grande di qualsiasi organizzazione al mondo. Tuttavia possiamo allargarci, includere, far entrare i musulmani, i buddhisti, gli induisti, tutte le religioni. Sento davvero che dobbiamo costruire ponti e abbattere ogni muro”… Non sono forse le stesse parole uscite dalla bocca di Papa Francesco?

I “nuovi teologi” riprendono le teorie moderniste dell’evoluzione dei dogmi, il relativismo morale, la confusione nel rapporto tra natura e Grazia, sostituendo il cristocentrismo con l’antropocentrismo.
Questo spiega i gravissimi errori dottrinali del magistero di Papa Francesco. A motivo di questa nuova visione teologica trovano posto le tante affermarzione del Pontefice, partendo da un interpretazione casuistica della pastorale, propria dei gesuiti. Nel magistero di papa Francesco, per esempio, l’adulterio e il concubinato non sono più atti intrinsecamente malvagi, mentre lo diviene la pena di morte. Per il pontefice regnante l’adultero e il reo non sono mai pienamente responsabili delle loro scelte, subendo il condizionamento delle circostanze, perciò non possono essere puniti. Se la persona non è colpevole delle scelte che compie, sparisce la giustizia, lasciando campo libero alla sola “misericordia”.
Dobbiamo anche dire che questo pontificato è il sintomo, non la causa della deriva dottrinale degli ultimi cinquant’anni. Abbiamo visto come questo fu reso possibile con un significativo apporto proprio dei Gesuiti durante il Concilio Vaticano II.
Vogliamo riaffermare, a chi è convinto che un "buon cattolico" non possa parlare "male" del Papa e ci indica come coloro che lo fanno, che nessuno sta parlando "male" di Papa Francesco, che è il legittimo Pontefice eletto per mezzo di un regolare conclave, ma vogliamo anche con fermezza difendere la Verità che Cristo ci ha donato e che la Chiesa ha custodito nei secoli anche con il martirio e ricordare che il Papa, un qualsiasi Papa, non è sempre infallibile, ma soltanto quando egli parlando come capo universale della Chiesa si pronuncia "ex cathedra" su questioni inerenti la Fede e la morale. Va da sé che al di fuori di queste materie e condizioni il Papa non è infallibile e dunque può sbagliare. Ad esempio ciò che dice un Papa in un’intervista non impegna la sua infallibilità. Ciò naturalmente non significa che tutto quello che ha detto sia opinabile.
§2. I fedeli hanno il diritto di manifestare ai Pastori della Chiesa le proprie necessità, soprattutto spirituali, e i propri desideri.
Nulla di nuovo sotto il sole. San Paolo criticò Pietro, primo Papa della storia, in merito all’obbligo da parte dei convertiti di sottoporsi al giudaismo: “Quando Cefa venne ad Antiochia mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto” (Gal. 2,11). Il problema sta nel fatto che Paolo riprendeva Pietro per un aspetto pastorale e invece sono molteplici le critiche mosse a Papa Francesco da diversi soggetti inclusi alti prelati e teologi, sono soprattutto di carattere dottrinale.
Ci si chiede, ma tutto questo potrebbe scandalizzare i fedeli, in particolare quando si sta parlando del Santo Padre. Di fronte a un simile rischio di scandalo è sempre doveroso e preferibile annunciare la Verità, con i giusti modi e il dovuto rispetto non è ammissibile che nella Chiesa regni la confusione, il dubbio, il sospetto. Oggi più che mai serve chiarezza e tanta preghiera, nella consapevolezza che Cristo non permetterà che il male vinca e preghiamo per il Papa con le stesse parole che furono di Gesù: «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli». (Lc. 22, 31-32).